Quando un dipendente firma un contratto con un’azienda, deve essere sempre messo nelle condizioni di svolgere il lavoro per il quale viene pagato. In caso contrario, si ha il demansionamento, ovvero quando un lavoratore viene impiegato per svolgere compiti o lavori inferiori alla sua qualifica professionale.
Il concetto di demansionamento è diventato molto importante alla luce delle modifiche sul campo del lavoro e dei contratti apportate dalla legge, per questo motivo, conoscere come funziona e quando è lecito o meno, è una fase molto importante per gli impiegati che desiderano vedere rispettati i propri diritti sul posto di lavoro.
Il demansionamento è una pratica poco nobile che può essere adottata dalle aziende, e che vede l’impiego di un lavoratore in compiti di livello inferiore alle competenze per le quali, da contratto, viene pagato. Si tratta di una pratica che può causare diversi danni al professionista, in quanto equivale ad una vera e propria retrocessione che può limitare le sue competenze e obbligarlo a svolgere lavoro sgradito o comunque richiedente una qualifica inferiore.
A questo proposito, è importante specificare che esistono due tipi di demansionamento, la dequalifica, che avviene nel caso in cui il lavoratore venga appunto impiegato in compiti di importanza inferiore, ed il demansionamento vero e proprio, che avviene quando il lavoratore non viene per nulla impiegato. Sia nel caso di dequalifica che di inattività forzata, il datore di lavoro viola il contratto stipulato con il dipendente ed è dunque potenzialmente soggetto a denuncia per inadempienza.
Non esiste demansionamento senza inquadramento contrattuale. In altre parole, per verificarsi questa violazione del contratto, deve possedere una serie di informazioni e di precisazioni sulle qualifiche e sui rispettivi stipendi propri della categoria del lavoratore stabilita dal CCNL, questo significa che nel contratto deve sempre essere specificato l’inquadramento contrattuale del dipendente, che fissa delle soglie professionali al di sotto delle quali non si può scendere, se non dietro il consenso del firmatario.
Ciò significa che non sempre si può parlare di demansionamento, e non sempre questa pratica risulta essere illegale. Nello specifico, un CCNL potrebbe prevedere questa eventualità, oppure l’azienda potrebbe ritrovarsi nelle condizioni di modificare i propri asset, incidendo direttamente sull’inquadramento del dipendente. In altre parole, il demansionamento può divenire legale nel caso in cui il dipendente dia il proprio consenso, la modifica dell’inquadramento è consentita dalla legge, e viene spesso accettata nel caso di rischio di perdita dell’occupazione.
Il demansionamento non è certamente una pratica da effettuare sulla parola. Questo significa che è sempre necessario che il demansionamento sia riportato in forma scritta, in assenza della quale l’accordo risulta nullo e dunque impugnabile di fronte ad un giudice. Come esempio è possibile vedere questo fac simile di accordo demansionamento sul sito Modulieditabili.com. Inoltre, il lavoratore può opporsi al demansionamento e rifiutarlo, a patto che questa azione sia figlia di un ragionamento logico e in buona fede, dunque consequenziale al grado di dequalifica che potrebbe risultare inaccettabile vista la distanza tra impiego attuale e impiego prospettato.
In realtà, il lavoratore deve comunque sottostare a quanto previsto dal CCNL di riferimento, dunque nella pratica il demansionamento ha valenza legale solo nel caso in cui sia l’unica alternativa al licenziamento, e solo se conforme agli accordi sindacali. Infine, altri elementi che rendono legale il demansionamento sono l’assegnazione marginale a ruoli di piano inferiore, e comunque appartenenti alla medesima categoria.
Nel caso in cui il demansionamento violi le condizioni riportate poco sopra, il lavoratore ha il diritto di impugnare questa pratica presso un tribunale richiedendone l’illegittimità. In questo caso, chi ha subito il demansionamento può richiedere il ripristino con effetto immediato della propria mansione oppure addirittura rescindere il contratto per giusta causa, nel caso il demansionamento sia di una gravità tale da richiedere questa azione.
Sarà poi il giudice a valutare tutti i dati relativi a quanto successo, e a decidere per una sentenza a favore del dipendente o dell’azienda accusata di demansionamento. Nel caso la violazione dell’inquadramento contrattuale venisse accertata, il dipendente può ottenere un risarcimento morale relativo al danno subito, ed un risarcimento materiale relativo all’eventuale deterioramento dello stipendio nel periodo demansionato.
In questo senso, è importante specificare che i risarcimenti pecuniari sono direttamente legati alla possibilità, da parte del dipendente, di portare prove concrete relative alle remunerazioni inferiori e ai danni psicologici subiti per via del demansionamento, se le suddette prove dovessero essere incomplete o assenti, anche in caso di vittoria della causa, e dunque di ripristino della posizione lavorativa come da contratto, il giudice potrebbe dispensare l’azienda dal pagamento di qualsiasi risarcimento, anche se considerata colpevole.