Gli straordinari non pagati, purtroppo, sono una realtà. Per capire le dimensioni di questo fenomeno, possiamo fare riferimento a un’indagine pubblicata recentemente, dalla quale è emerso che al 45% dei dipendenti viene richiesto di svolgere attività di lavoro straordinario. Per questo lavoro straordinario, più di un lavoratore su dieci, non viene pagato.
L’indagine ha fatto emergere dunque una verità che già si sapeva, ovvero che a molti lavoratori viene richiesto di fare straordinari e che molti sono quelli che non ricevono remunerazione per questa attività. Iniziamo prima di tutto a definire cosa risulta essere il lavoro straordinario.
Per lavoro straordinario si intende l’attività lavorativa prestata oltre le ore di lavoro previste dal proprio contratto. La determinazione di come debba essere pagato questo lavoro extra è definita nel CCNL di riferimento, per esempio quello del commercio indica che a nessuno dei lavoratori può essere richiesto di prestare più di 200 ore di lavoro straordinario all’anno e indica differenti percentuali di valorizzazione dell’ora di lavoro, a seconda di quante ore di straordinario si siano prestate. In particolare, quando si effettua lavoro straordinario si deve ricevere un aumento della remunerazione oraria del 15% qualora non si tratti di più di 7 ore settimanali, quindi meno di 48 ore di lavoro settimanali tra regolari e straordinarie, e del 20% dalla ottava ora settimanale in poi, quindi oltre le 48 ore settimanali di lavoro prestato tra ore regolari e ore straordinarie.
Chiaramente all’aumentare dello stipendio ricevuto per le ore straordinarie prestate, aumenta anche la tassazione alla quale è soggetto il lavoratore. Risulta essere questa la ragione per la quale in busta paga poi non viene effettivamente riconosciuto quel 15% o 20% in più, trattandosi di un valore al lordo della tassazione.
Quando, però, il lavoro straordinario viene pagato, tutto va bene. La realtà, però, ci dice, come abbiamo già evidenziato, che in più del 10% dei casi il lavoro straordinario viene richiesto e non pagato. Risulta essere questo il caso di quei titolari o capi reparto che chiedono di fermarsi in azienda anche dopo avere timbrato il cartellino di uscita. Si tratta questa di un’abitudine dura da togliere e molto dannosa, in primo luogo il lavoratore non percepisce uno stipendio per l’attività prestata, in secondo luogo non è protetto, avendo già timbrato il cartellino di uscita, e in terza istanza non permette di creare nuovi posti di lavoro. Quelle ore straordinarie non pagate, infatti, sono nuovi posti di lavoro in meno che l’azienda evita di creare.
Vediamo cosa si può fare, dunque, in caso di straordinari non pagati. Vi sono varie possibilità di azione, si possono interpellare i sindacati, rivolgersi autonomamente a un avvocato e denunciare il fatto all’Ispettorato del Lavoro. Tutte e tre le strade sono percorribili, ma a condizione di avere le carte in regola.
Cerchiamo di capire cosa significa avere le carte in regola. Secondo la legge è il lavoratore che deve provare che è stato richiesto di svolgere lavoro straordinario non pagato e di averlo svolto effettivamente. Anche la recente sentenza n. 9906/2015 del 14 maggio 2015 della Corte di Cassazione, sezione lavoro, ha confermato questo, affermando che l’onere della prova è a carico al lavoratore.
Non basterà, quindi, semplicemente affermare di avere svolto lavoro straordinario non pagato, ma bisognerà raccogliere delle prove, che dovranno poi essere mostrate al giudice. Infatti, qualsiasi strada si scelga di perseguire, sindacati, avvocato o ispettorato del lavoro, la pratica finirà davanti a un magistrato che dovrà confermare, al termine delle indagini, che quanto lamenta il denunciante è vero.
Risulta essere dunque importante, prima di andare a denunciare il datore di lavoro, raccogliere le prove della propria prestazione lavorativa. Le prove dovranno essere concrete e reali, si dovrà dettagliare il numero complessivo di giornate festive o domenicali lavorate o l’attività quotidiana extra orario prestata.
Va detto che la Corte di Cassazione ha chiarito che non si può sostituire questa prova con un giudizio, anche se fondato, del magistrato. In assenza di prove, dunque, anche se il magistrato dovesse convincersi che il lavoratore dice il vero, non potrà condannare l’imprenditore. Il lavoratore dovrà, quindi, prima di tutto dimostrare la sussistenza del rapporto di lavoro con l’azienda e l’orario normale di lavoro pattuito. Quindi dovrà indicare il numero di ore per le quali si è protratta la sua prestazione lavorativa oltre il tempo prestabilito. Sarà necessario confrontare i dati presenti nei registri presenza aziendali con le risultanze testimoniali di altri dipendenti o di clienti e fornitori dell’azienda che possano certificare, perché magari presenti al momento dei fatti, la presenza del lavoratore in azienda oltre il normale orario di lavoro.
Il fatto che si debba fornire una prova concreta delle attività lavorative straordinarie prestate e non pagate comporta anche il fatto che il giudice non potrà determinare un compenso per il lavoratore se questi non saprà indicare, e dimostrare, con esattezza il numero di ore di lavoro straordinario prestato.
Risulta essere facile, dunque, comprendere come questo sia difficile da ottenere e proprio questa, a nostro avviso, è la ragione per la quale vi è una così alta percentuale di straordinari non pagati.