In questa guida mettiamo a disposizione informazioni utili sulle sanzioni disciplinari sul lavoro.
In un periodo di crisi economica, la maggioranza dei lavoratori è attenta a mantenere saldo e sicuro il proprio posto di lavoro. Questo significa che, con molta probabilità, si tende a evitare accuratamente tutte le eventuali azioni che possono comportare una sanzione disciplinare da parte del proprio datore di lavoro. Chiarito questo, però, lo scopo dell’ articolo è di definire proprio la tipologia e la natura delle diverse sanzioni, oltre ai casi in cui vengono applicate. Questo può essere utile sia per continuare a evitare l’inconveniente che, in caso contrario, per affrontarlo nel modo migliore.
Con la dicitura provvedimenti o sanzioni disciplinari del lavoro, si intendono propriamente tutti gli atti che il datore di lavoro può compiere nei confronti di un dipendente, nel caso in cui questo adotti dei comportamenti scorretti. In questo modo il datore tutela i suoi diritti e sanziona il lavoratore per fare in modo che egli rispetti gli obblighi e gli impegni presi. Ovviamente, non esiste una sola tipologia di sanzione, ma queste si diversificano a seconda della gravità del comportamento tenuto dal dipendente. Ecco, così, che si può passare dai provvedimenti più leggeri, come una semplice lettera di richiamo disciplinare, a quelli più gravi, come il licenziamento disciplinare. Questo rappresenta la massima sanzione che il datore di lavoro può richiedere nel caso in cui il dipendente compia delle gravi infrazioni.
Ma andiamo nel dettaglio e analizziamo le varie sanzioni. Come abbiamo appena detto, la prima e più leggera è l’ammonizione scritta, detta anche lettera di richiamo. Questa, ovviamente, riguarda tutte le piccole infrazioni.
Segue l’applicazione di una multa per i comportamenti più gravi oppure in caso di recidiva. Questa corrisponde a una somma che viene automaticamente trattenuta in busta paga. L’importo corrisponde a un massimo di quattro ore di retribuzione base.
Il terzo passo è rappresentato dalla sospensione, ossia l’interruzione dell’erogazione retributiva per l’intera sua durata, che non può essere più lunga di 10 giorni.
Per finire c’è il trasferimento. Se previsto dal CCNL, il datore può prevedere il trasferimento, disposto a seguito di situazioni soggettive connesse al comportamento del dipendente, ossia quando questa condotta ha prodotto conseguenze rilevanti come, per esempio, elementi di disorganizzazione e disfunzione nell’azienda.
Bisogna, inoltre, ricordare che, fatta eccezione per l’ammonimento scritto, le altre tre tipologie elencate prevedono una contestazione in forma scritta da parte del datore di lavoro, in cui esporre le motivazioni che lo portano a prendere la decisione.
L’applicazione di una sanzione disciplinare ha, però, dei passi precisi da rispettare. Prima di tutto si procede alla contestazione. Questa rappresenta l’atto con il quale il datore di lavoro, una volta venuto a conoscenza dell’infrazione compiuta dal lavoratore, contesta l’addebito a questo. Questo momento ha bisogno di alcuni requisiti, come la specificità, l’immediatezza e l’immutabilità dei fatti contestati. Inoltre deve rispettare quanto è stato stabilito dalla legge. La seconda fase è rappresentata dalla difesa. Si tratta di un diritto attribuito al lavoratore che, entro cinque giorni dal ricevimento della contestazione, può organizzare la propria difesa in forma orale o scritta.
Il terzo passo è l’irrogazione della sanzione. Si tratta dell’intimidazione della sanzione disciplinare che segue la contestazione dell’infrazione. Risulta essere in questa fase che il lavoratore può conoscere il tipo di sanzione disciplinare scelta dal datore. A questo punto, però, c’è la possibilità di impugnare il provvedimento. Così, siamo arrivati alla quarta e ultima fase.
Questo significa che il lavoratore può opporsi alla sanzione disciplinare comunicatagli in due modi. Il primo consiste nel promuovere, entro 20 giorni dall’inizio della sanzione, la costituzione di un collegio di conciliazione e arbitrato per ottenere la revoca o la conversione del provvedimento. Il secondo consiste nell’impugnare la sanzione davanti l’autorità giudiziaria. La sanzione rimane sospesa fino a che l’intero procedimento non sia concluso.