In questa guida spieghiamo in cosa consiste il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Dando per scontato che sarebbe meglio non dovere affrontare un’esperienza negativa come il licenziamento e che, soprattutto, si dovrebbe lavorare nel migliore dei modi per evitarlo, è anche necessario sapere che la legge contempla la possibilità di applicare una forma particolare definita proprio licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Dal punto di vista giuridico si fa riferimento all’art. 3 della legge 604/1966, in cui è stabilito che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo si riferisce in modo particolare a delle ragioni riguardanti l’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro e il regolare funzionamento di questa. In questo caso, dunque, ci si trova davanti a quelle che possono proprio essere definite come delle ragioni oggettive, ossia che fanno riferimento alle necessità produttive dell’azienda e che non considerano eventuali inadempimenti da parte del lavoratore.
In questa particolare situazione, dunque, il giudice non potrà fare altro che verificare l’attinenza tra la fine del rapporto di lavoro e il giustificato motivo. Di contro, però, non potrà esprimersi sulle scelte aziendali sostenendo, magari, che il provvedimento poteva essere evitato. Il comma 1 della legge 183/2010, infatti, recita, il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai principi generali dell’ordinamento, all’accertamento del presupposto di legittimità e non può essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro o al committente.
Ovviamente a carico del datore di lavoro ci sono delle azioni precise come giustificare la decisione presa, chiarire il motivo oggettivo e portare delle prove certe riguardo l’impossibilità di prendere una decisione diversa come, per esempio, occupare un determinato lavoratore in mansioni che siano equivalenti a quelle svolte in precedenza.
In questo caso stiamo parlando di quello che è conosciuto come obbligo di repechage. Questo deve tenere conto anche delle caratteristiche tecniche e delle conoscenze che il lavoratore ha acquisito al momento del licenziamento. Il datore di lavoro, però, non è obbligato a fornire una nuova preparazione o un aggiornamento per mantenere il suo posto di lavoro. Per finire, poi, dopo avere applicato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, l’azienda non deve assumere per un certo periodo.
Nonostante l’ordinamento legislativo non sembri mettere molti paletti per evitare di applicare il provvedimento, ci sono delle situazioni particolari che proteggono il lavoratore. In questo caso si parla di inidoneità professionale e fisica. Per quanto riguarda la prima, ci possiamo trovare davanti a una condizione particolare in cui il lavoratore ha perso l’idoneità a svolgere le mansioni a cui era stato assegnato. In quel caso specifico il datore di lavoro deve ricollocarlo, assegnandogli delle mansioni equivalenti oppure inferiori o superiori. Tutto questo dovrebbe garantire il mantenimento del posto di lavoro senza andare a creare disoccupazione. Per quanto riguarda, poi, l’inidoneità fisica, questa non può portare al licenziamento nel caso in cui si dimostri che il soggetto può essere applicato in altre mansioni inferiori rispetto alle precedenti, sempre mantenendo lo stesso livello di retribuzione.
Per concludere, dunque, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, può essere attuato nel caso in cui il lavoratore abbia perso delle caratteristiche essenziali per svolgere l’attivata che gli è stata precedentemente assegnata. Per fare un esempio, si può intendere la perdita della patente per l’autista. Risulta essere chiaro, almeno per questo lavoro, che lo svolgimento dell’attività professionale è strettamente collegato al possesso di un preciso documento. In mancanza di questo, vengono meno anche le funzioni del lavoratore e i motivi stessi alla base dell’assunzione. Ovviamente, come abbiamo detto all’inizio della guida, è doveroso, da parte del lavoratore, cercare di svolgere il proprio compito sempre al massimo delle proprie possibilità, cercando di non offrire al proprio datore di lavoro una motivazione oggettiva per il licenziamento.