Una mansione lavorativa, secondo quanto stabilito dal Diritto del Lavoro, rappresenta l’insieme delle attività, dei compiti e delle operazioni che una persona è tenuta a svolgere nel contesto di un rapporto di lavoro. Si tratta di una serie di compiti che un lavoratore deve rispettare, e che vengono definiti con precisione nella fase di stesura del contratto di lavoro.
La classificazione dei lavoratori in qualifiche e livelli deriva proprio dalla necessità di suddividere per gradi le diverse professionalità, e di stabilire una retribuzione idonea per ognuna. La qualifica definisce la figura professionale di un lavoratore e il suo inserimento nell’organizzazione aziendale. La contrattazione collettiva nazionale ha raggruppato le qualifiche in relazione alla loro importanza nella gerarchia di un’azienda.
In un rapporto di lavoro, mansioni, compiti e ruoli hanno significati precise. Le mansioni esecutive sono attribuite dal datore di lavoro in fase di assunzione, si correlano all’inquadramento e costituiscono la base sulla quale viene definita la retribuzione. Il ruolo di un lavoratore è la posizione che egli occupa all’interno di un’azienda, ed è relativa non solo a compiti e mansioni, ma anche a competenze tecniche e intellettuali e responsabilità specifiche.
Secondo quanto previsto sia dal Codice Civile che dallo Statuto dei Lavoratori, e successivamente anche dal Jobs Act, un lavoratore deve svolgere quelle mansioni per le quali è stato assunto. Nel caso in cui l’azienda fosse costretta a pianificare una ristrutturazione interna ed a procedere alla riassegnazione dei ruoli dei propri dipendenti, potrebbe verificarsi una situazione in cui ad un lavoratore assunto con una determinata qualifica, e relativa mansione, venga affidato un ruolo inerente ad una categoria inferiore. In questi casi si parla di demansionamento. Questo tipo di modifica deve essere comunicata tramite lettera scritta, e il lavoratore coinvolto, sebbene invitato a svolgere altre mansioni più semplici, deve avere la certezza che il livello di inquadramento e la retribuzione non subiranno variazioni. Possono variare solo alcuni elementi retributivi direttamente connessi al contesto e alle modalità di una mansione specifica, qualora questi venissero meno. Nel momento in cui, durante un rapporto di lavoro, viene comunicata una variazione di ruolo intesa come una retrocessione di mansione lavorativa, è opportuno verificare con la massima attenzione tutti gli aspetti tecnici e retributivi, per rendersi conto se sia stato rispettato quanto previsto dalla legge.
Esistono poi situazioni specifiche, in cui ad un dipendente vengono proposte modifiche contrattuali sia per quanto riguarda le mansioni lavorative che per gli elementi della retribuzione. Questi casi possono riguardare le aziende in difficoltà, che desiderino comunque conservare il lavoro ai propri dipendenti, ma anche quei lavoratori che abbiano dimostrato di possedere una professionalità differente, anche più elevata, di quella indicata nel contratto, oppure costretti ad una modifica delle mansioni per motivi personali. Nel caso di dubbi o incertezze, è opportuno farsi assistere da un avvocato esperto in materie di contratti di lavoro o da un rappresentante sindacale. Sostanzialmente, la legge prevede che un lavoratore possa essere inquadrato ad un livello superiore a quello stabilito in fase di assunzione, ma non inferiore, qualora fosse invitato a svolgere mansioni lavorative considerate inferiori, ha diritto al mantenimento del proprio livello di inquadramento originale.
Il lavoratore, come si è detto, ha sempre e comunque diritto a conservare la qualifica e la relativa retribuzione. Potrebbe però avvenire che il datore di lavoro e il lavoratore, decidano di comune accordo di stipulare un nuovo contratto di lavoro, modificando di conseguenza anche il livello di inquadramento, la categoria e la retribuzione. Di norma, dopo sei mesi la variazione di livello diventa effettiva e il lavoratore, anche se torna a svolgere le mansioni relative al livello precedente, non subisce modifiche retributive.
La contrattazione collettiva nazionale considera tre categorie di lavoratori, impiegati, operai e dirigenti, alle quali corrispondono una serie di livelli, ognuno relativo a mansioni e compiti specifici. Tuttavia, le aziende possono a loro volta dotarsi di una regolamentazione interna per le mansioni delle diverse categorie, alle quali attenersi per ogni singolo dipendente. I contratti nazionali collettivi includono anche le categoria intermedia dei quadri, e in alcuni contesti particolari, per esempio il settore del credito e del pubblico impiego, degli intermedi e dei funzionari, e stabiliscono che un lavoratore non possa essere trasferito da una sede ad un’altra a meno che non vi siano motivazioni organizzative o tecniche precise.