Talvolta, un’azienda può avere la necessità di trasferire un dipendente in una sede diversa o in un ufficio dislocato per svolgere il proprio lavoro oppure, in altri casi, è il lavoratore stesso a richiedere un trasferimento per motivi personali o di famiglia.
Se il trasferimento è voluto dal lavoratore, e l’azienda lo ritiene possibile, in genere si svolge senza alcuna difficoltà. Diversamente, quando è l’azienda a deciderlo, non sempre il lavoratore si dichiara favorevole e non è raro che si verifichino disaccordi e contrasti, arrivando anche ai provvedimenti legali. Ovviamente, fino ad un certo punto il lavoratore è tutelato, per evitare che il trasferimento non mascheri il tentativo, da parte dell’azienda, di obbligarlo a dare le dimissioni. Il trasferimento del lavoratore è comunque da intendersi definitivo e a tempo indeterminato, e non limitato ad un breve periodo, e può riguardare sia un singolo lavoratore che una squadra o un intero reparto.
Criteri del Trasferimento del Lavoratore
Un’azienda può decidere di movimentare il personale, o addirittura un’intera unità produttiva, in relazione alle proprie scelte strategiche e alle esigenze organizzative. Tuttavia, riguardo al trasferimento dei dipendenti, la legge impone alcuni limiti precisi.
Per iniziare, il lavoratore può essere destinato ad una diversa unità produttiva che appartenga sempre all’azienda per la quale sta lavorando, inoltre il trasferimento deve essere giustificato da effettive motivazioni tecniche e di produttività. Per sincerarsi della correttezza di una procedura di trasferimento si raccomanda di verificare sempre il contratto collettivo di riferimento, controllando che non vi siano restrizioni o condizioni particolari oppure l’obbligo, da parte dell’azienda, di rispettare un certo periodo di preavviso.
Le ragioni organizzative o produttive di una simile decisione devono essere comprovate nel momento in cui l’azienda chiede il trasferimento e comunque devono riguardare le specifiche mansioni del lavoratore da trasferire.
Il giudice non ha diritto di opporsi alle scelte strategiche di un’azienda, ma potrebbe avere l’incarico di controllare se la decisione del trasferimento sia realmente motivata da valide ragioni e non si tratti, invece, di una rivalsa nei confronti del dipendente.
Il trasferimento deve essere inerente ad un miglioramento generale della produttività e dell’organizzazione all’interno dell’azienda e legato alle attitudini personali del lavoratore trasferito nello svolgere una particolare mansione.
I contratti collettivi nazionali possono limitare, in alcuni casi, la decisione di trasferire i dipendenti da parte di un’azienda, per esempio, è consentito un trasferimento dovuto all’apertura di una nuova sede, alla chiusura di un reparto o di un’unità produttiva e alla necessità di incrementare il personale in forze presso la sede di trasferimento, mentre non è permesso trasferire un dipendente per una necessità temporanea o in un ambiente dove la sua presenza non sia necessaria.
In alcune situazioni particolari, all’azienda è consentito trasferire un lavoratore che provochi disagi di carattere comportamentale, produttivo e organizzativo, magari a causa di un’incompatibilità con gli altri dipendenti, tale da provocare non solo contrasti e difficoltà nelle relazioni personali, ma compromettendo anche l’operatività dell’intera l’unità produttiva.
In tutti i casi simili, la Cassazione ammette che il dipendente responsabile di screzi e disaccordi possa essere trasferito senza possibilità di opporsi.
Comunicazione Trasferimento del Lavoratore
Il lavoratore viene informato del trasferimento indifferentemente in forma orale o scritta, a meno che non vi siano regole precise espresse nel contratto collettivo o nel regolamento interno dell’azienda.
Inoltre, il datore di lavoro non ha alcun obbligo a rendere note le ragioni che hanno determinato il trasferimento, ad esclusione dei casi in cui sia lo stesso dipendente a chiedere chiarimenti.
Impugnazione Trasferimento del Lavoratore
Ad un trasferimento legittimo e motivato, il lavoratore non ha alcuna possibilità di opporsi. Al contrario, un suo rifiuto privo di spiegazioni accettabili può costituire per l’azienda una giusta causa per procedere con il licenziamento.
Ovviamente, un trasferimento non corretto e non legittimato può essere rifiutato dal lavoratore, qualora l’azienda avesse già predisposto il licenziamento, una volta accertata l’illegittimità del trasferimento sarà costretta ad annullarlo.
Quando il trasferimento viene richiesto dal lavoratore, non esiste una disciplina al riguardo, ma è comunque considerato illegittimo il rifiuto del trasferimento da parte dell’azienda qualora venga poi accolta la stessa richiesta avanzata da altri dipendenti.
Vediamo come si svolge la procedura di opposizione al licenziamento.
Dopo avere ricevuto notizia del trasferimento, il lavoratore ha 60 giorni di tempo per opporsi, tramite comunicazione scritta. Inoltre, entro 180 giorni deve depositare il ricorso alla cancelleria del Tribunale del Lavoro e comunicare la richiesta di conciliazione. Si raccomanda, in queste situazioni, di farsi assistere da un consulente sindacale.
Nel caso in cui il trasferimento fosse stato richiesto per ragioni disciplinari e di contrasto con i colleghi, con conseguenti disagi nell’attività produttiva, tali agevolazioni non sussistono, e il trasferimento viene comunque disposto.