La definizione del concetto di trasferimento di azienda è contenuta all’interno del Codice Civile e, in particolare, nell’articolo 2112. Secondo quanto stabilito a livello giuridico, dunque, con trasferimento d’azienda si intende qualsiasi operazione che prevede il cambiamento della titolarità di una azienda e tutela, per perseguire questo fine, la posizione dei lavoratori coinvolti durante la continuazione del rapporto di lavoro presso il cessionario. In sostanza, rientrano in questa definizione le operazioni di fusione, scorporo e cessione dell’azienda. Per finire, poi, l’attività economica organizzata, ossia l’azienda, deve esistere rispetto a tutta l’operazione volta a modificare l’assetto della proprietà.
Per quanto riguarda, poi, i vari campi di applicazione, l’articolo 2112 deve essere considerato come riferimento anche per l’ipotesi di trasferimento di un ramo d’azienda. Questo, però, si deve intendere e considerare come un’articolazione autonoma dal punto di vista funzionale di un’attività economica preesistente rispetto all’azione di trasferimento che, dopo di questa, mantiene comunque la propria identità. Per finire, poi, il trasferimento di quote di una società o di azioni, anche se porta a un cambiamento nel controllo della società stessa, non rappresenta certo un’operazione che sia rilevante per l’applicazione dell’articolo che stiamo considerando. In sostanza, la procedura civilista non fa altro che garantire ai lavoratori coinvolti nell’operazione di cambiamento la continuità del rapporto lavorativo e il mantenimento di tutti i diritti maturati al momento del trasferimento. Esempi pratici possono essere l’inquadramento, l’anzianità, la retribuzione e il TFR accantonato.
Fino a questo momento abbiamo considerato con attenzione l’articolo che contiene la definizione e tutto il procedimento, ma vediamo come avviene effettivamente l’operazione. Il punto di partenza è rappresentato sempre dalla legge, che mette a disposizione del datore cedente una procedura precisa. Questa deve essere messa in pratica ogni singola volta in cui si vuole portare a compimento il trasferimento della proprietà di un’azienda. Vediamo nello specifico in cosa consiste questa procedura. Tutti i datori di lavoro che hanno alla loro dipendenza più di quindici dipendenti, devono inoltrare una comunicazione alle RSU, alle RSA o alle organizzazioni sindacali che stipulano il CCNL, venticinque giorni prima che l’atto venga perfezionato. Il contenuto della comunicazione comprende la data proposta per il trasferimento, i motivi alla base del cambiamento, le conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori e, per ultime, anche le misure previste nei loro riguardi. Da parte loro, i sindacati possono chiedere un esame di tutta la questione entro sette giorni dal momento in cui è stata ricevuta la documentazione.
Da quanto descritto fino a questo momento, comunque, si deduce che si tratta di un procedimento particolarmente difficile sia per il numero di parti coinvolte che per la complessità della materia. Per questo motivo, dunque, si consiglia di mettere tutto nelle mani di un avvocato esperto nella materia di diritto del lavoro e sindacale.
Per completare questa guida, è il caso di soffermarsi sulla possibilità, più o meno concreta, che hanno i dipendenti di opporsi al trasferimento. In realtà questo consenso non è assolutamente necessario per continuare il rapporto di lavoro con il cessionario. Anzi, si tratta di un effetto automatico, grazie al solo perfezionarsi del trasferimento. Comunque sia, la giurisprudenza prevede la possibilità per il lavoratore di risolvere il rapporto dimettendosi entro tre mesi dal trasferimento.
Chiudiamo con il CCNL applicato in seguito al trasferimento. Normalmente i contratti collettivi vigenti alla data del trasferimento continuano ad essere applicati, almeno fino alla loro scadenza. Diverso, invece, è il caso in cui questi vengono sostituiti da quelli applicati dal cessionario. In questo caso la sostituzione avviene tra contratti collettivi di uguale livello.