Nel momento in cui si verifica una situazione che richiede la risoluzione di uno o più contratti di lavoro, non necessariamente in azienda deve verificarsi una controversia. Se le condizioni lo permettono, l’azienda e il lavoratore interessato possono raggiungere un accordo per interrompere un contratto di lavoro evitando le vie legali, con possibilità di ripensamento, si tratta della risoluzione consensuale.
La risoluzione consensuale del rapporto di lavoro costituisce la soluzione ideale in diverse situazioni, sia da parte del datore di lavoro che del lavoratore, per esempio nel caso in cui l’azienda necessiti di ridurre il personale e desideri trovare un accordo con i dipendenti coinvolti nella ristrutturazione aziendale, oppure nel caso in cui sia il dipendente ad avere deciso di cambiare lavoro, e desideri presentare le proprie dimissioni volontarie. In entrambi i casi, ma anche in altre occasioni, le due parti possono decidere di risolvere il contratto in via amichevole, senza ricorrere ad azioni legali o sindacali.
Si tratta comunque di una procedura precisa, che deve essere seguita con attenzione e che comporta alcuni diritti per entrambe le parti, tra i quali il diritto per il lavoratore di ottenere la Naspi, il sussidio di disoccupazione, nel caso sia costretto a lasciare il proprio posto di lavoro senza avere ancora trovata un’alternativa.
Le regole che stabiliscono il meccanismo della risoluzione consensuale sono state definite in parte dalla riforma Fornero e successivamente dal Jobs Act.
La risoluzione consensuale del rapporto di lavoro avviene nelle situazioni in cui le due parti, il lavoratore e il datore di lavoro, trovano un comune accordo per interrompere il contratto, generalmente a causa di una ristrutturazione aziendale o di una controversia alla quale si desidera mettere fine. La procedura, in base agli accordi, può avere esito immediato, oppure posticipato ad una data stabilita in accordo tra le due parti.
Risulta essere obbligatorio che la risoluzione del contratto di lavoro avvenga in forma scritta, sia per confermare e dimostrare che la decisione è stata presa per volontà di entrambe le parti, evitando i successivi problemi legali, che perché l’accordo scritto, per essere considerato valido, deve essere inviato al Centro Servizi per il Lavoro o alla Direzione Territoriale del Lavoro entro trenta giorni dalla data di risoluzione del contratto.
Il datore di lavoro deve corrispondere al dipendente dimissionario l’indennità di preavviso, nella misura delle retribuzioni corrispondenti ai mesi non lavorati, inoltre, se la risoluzione consensuale è stata proposta dall’azienda, oltre al dovuto Tfr, al lavoratore viene offerta di solito anche una buona uscita.
Sia la legge Fornero che il Jobs Act prevedono che la risoluzione consensuale venga comunicata esclusivamente per via telematica, utilizzando gli appositi moduli disponibili online sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
La comunicazione deve obbligatoriamente includere una serie di informazioni ben precise, i dati del lavoratore e del datore di lavoro, i dettagli del rapporto di lavoro da risolvere, i dati della comunicazione e la data di decorrenza, i dati dell’eventuale soggetto abilitato, il codice e la data certa di trasmissione del modello.
Le norme legislative non consentono a tutte le categorie di lavoratori di avvalersi della procedura di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. Ad essere esclusi sono i lavoratori domestici, i lavoratori neoassunti durante il periodo di prova, i lavoratori del settore marittimo e i dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
Il lavoratore ha l’obbligo di convalidare la richiesta di risoluzione consensuale presso la Direzione Territoriale del Lavoro di riferimento nel caso in cui si trovi nel periodo di gravidanza, nei primi tre anni di vita del bambino, nei primi tre anni di accoglienza di un figlio adottivo minorenne e nel periodo di tre anni dalla comunicazione di adozione internazionale.
Dopo che entrambe le parti hanno preso la decisione relativa alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, il dipendente ha un periodo di ripensamento di 7 giorni, entro i quali ha il diritto di revocare la propria conferma. In questo caso, il contratto di lavoro tornerà ad essere valido, tuttavia l’azienda non corrisponderà al lavoratore la retribuzione relativa alle ore o giorni non lavorati in questa settimana di tempo.
Risulta essere molto importante prestare la massima attenzione prima di accettare questo tipo di accordo, al fine di non incorrere in situazioni non corrette. La scelta della risoluzione consensuale, se proposta dal datore di lavoro, riguarda soprattutto le ristrutturazioni interne di un’azienda, ed evitano al lavoratore di essere licenziato. Occorre invece evitare i tentativi di falsa risoluzione tramite l’inganno delle dimissioni in bianco,tuttavia oggi, con l’obbligo di presentare le dimissioni per via telematica, si tratta di un sotterfugio molto difficile da applicare.
Un altro errore da non commettere è quello, dopo avere accettato questa soluzione, di non comportarsi correttamente nei riguardi dei propri doveri professionali, magari assentandosi spesso dal lavoro o evitando di portare a termine gli incarichi. Questo comportamento potrebbe comportare un provvedimento disciplinare e compromettere la consensualità dell’accordo.
La Naspi, l’indennità di disoccupazione introdotta dopo la riforma del Jobs Act, viene corrisposta solo in alcuni casi determinati
-Una procedura di conciliazione presso la Dtl di riferimento.
-Un licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione entro il termine previsto di 60 giorni dalla notifica di licenziamento.
-Nel caso in cui il lavoratore non accetti il trasferimento dell’azienda in una sede situata ad oltre 50 km dall’attuale o raggiungibile in 80 minuti con i trasporti pubblici.
Nel caso in cui la risoluzione consensuale con tentativo di conciliazione riguardi i dipendenti di un’azienda con meno di 15 dipendenti, la Naspi non è prevista.