Quando un datore di lavoro licenzia un dipendente, nel caso vi siano le premesse per potere agire in tale modo, può ripensarci e cambiare idea, e procedere alla revoca del licenziamento, richiamando il lavoratore a presentarsi in azienda. Tuttavia, secondo quanto stabilito dalla Cassazione, se il licenziamento era stato considerato illegittimo dal dipendente, egli ha comunque diritto ad impugnarlo e a procedere nella causa in corso, anche dopo essere rientrato al proprio posto di lavoro.
Per fare causa al datore di lavoro in una situazione di licenziamento illegittimo, il lavoratore deve effettuare la procedura di contestazione scritta entro 60 giorni dalla comunicazione di licenziamento. A questo punto, se da parte del datore di lavoro arriva una proposta di revoca e un conseguente invito a riprendere il proprio posto in azienda, il lavoratore deve rispondere immediatamente, nel caso di mancata risposta, avrà eventualmente diritto ad un’indennità sostitutiva ridotta a sole cinque mensilità. Questo perché in precedenza, quando un’azienda provvedeva a revocare il licenziamento di un dipendente a seguito della sua lettera di contestazione, accadeva che il lavoratore rifiutasse la revoca, scegliendo l’indennità sostitutiva, e proseguisse con il ricorso in tribunale, avviando una causa di licenziamento illegittimo, anche se revocato.
Secondo quanto stabilito dalla legge, se un dipendente viene licenziato, e successivamente il datore di lavoro lo invita a ripresentarsi in azienda revocando la procedura di licenziamento, il dipendente ha comunque diritto a contestare il licenziamento subito, e portare avanti la relativa causa. La revoca di un licenziamento illegittimo non consente al datore di lavoro di evitare il ricorso, e il risarcimento minimo previsto in questi casi, pari a cinque mensilità, non può essere escluso, poiché è dovuto specificamente all’illegittimità del licenziamento.
Attualmente, il datore di lavoro ha l’ulteriore possibilità di revocare il licenziamento entro quindici giorni dalla ricezione della lettera di contestazione da parte del dipendente, in questo caso, il rapporto di lavoro si considera revocato senza interruzione, ovvero come se non fosse mai avvenuto un effettivo licenziamento. Il lavoratore ha diritto alla retribuzione completa relativa ai giorni precedenti alla revoca, ma non può rivalersi nei confronti dell’azienda, e non ha diritto ad alcun risarcimento. Con questo sistema, il datore di lavoro come unico onere avrà la parte di retribuzione, comprensiva di ferie, tredicesima, quattordicesima e Tfr, relativa al periodo che intercorre tra la data effettiva del licenziamento e quella in cui viene comunicata la revoca.
Il datore di lavoro, ovviamente, può decidere di revocare il licenziamento anche successivamente al periodo di quindici giorni, in questo caso, il dipendente potrebbe non accettare la revoca, e proseguire con il percorso di contestazione del licenziamento. Inoltre, trascorsi i 15 giorni, per ripristinare un rapporto di lavoro interrotto a seguito di licenziamento, è necessario che vi sia il consenso da parte del lavoratore, il quale può decidere di scegliere l’indennità sostitutiva della reintegrazione, e interrompere definitivamente il rapporto di lavoro. Il calcolo dell’indennità tiene conto delle retribuzioni perse dopo il licenziamento, fino al momento in cui il lavoratore ha effettuato la scelta, anche se il pagamento avviene a maggiore distanza di tempo.
Il termine di quindici giorni dalla data in cui il lavoratore impugna il licenziamento, rappresenta per il datore di lavoro una sorta di periodo di ripensamento, durante il quale può decidere di richiamare in servizio il dipendente evitando l’onere dell’indennità sostitutiva, visto che se la revoca avviene entro questi termini, non costituisce una proposta, e non necessita del consenso da parte del lavoratore. Al contrario, il reintegro avviene come se non vi fosse mai stata alcuna interruzione, e il lavoratore avrà l’unico diritto ad ottenere la retribuzione maturata dal momento in cui ha fatto ricorso, considerando che il licenziamento deve essere impugnato entro 60 giorni, e la revoca può avvenire entro 15 giorni, al lavoratore potranno spettare, al massimo, 75 giorni di retribuzione. Si tratta di un sicuro vantaggio nei confronti del datore di lavoro, al confronto del minimo di 5 mesi di indennità sostitutiva. Inoltre, visto che il lavoratore non ha modo di rifiutare la revoca effettuata entro il termine previsto, se non riprende servizio potrebbe essere considerato assente ingiustificato, e sottoposto ai relativi provvedimenti, compreso un ulteriore licenziamento.
La soluzione migliore è sempre quella di fare un tentativo di mediazione, per giungere ad un accordo conveniente da entrambe le parti. In caso di licenziamento illegittimo, il lavoratore ha 60 giorni di tempo per contestarlo, e l’azienda potrebbe rispondere alla contestazione sia con la revoca che con una proposta di indennizzo. Se la revoca comporta il reintegro al lavoro senza possibilità di rifiuto, l’offerta di indennizzo, quando accettata, comporta la rinuncia a portare avanti la contestazione per licenziamento illegittimo. Tuttavia, considerando che l’indennizzo consiste in una mensilità per ogni anno lavorato, fino ad un massimo di 18, può essere vantaggioso nei confronti del lavoratore potere contare su di un risarcimento immediato, il pagamento avviene entro 60 giorni dal licenziamento, evitando le lunghe tempistiche e le spese di una procedura legale. A sua volta, il datore di lavoro sarà avvantaggiato dall’evitare una causa, con le relative ripercussioni che questa potrebbe comportare all’azienda. L’accordo deve essere stipulato in presenza delle rappresentanze sindacali e, se il lavoratore accetta, il contratto di lavoro si considera risolto dalla data del licenziamento, e la contestazione interrotta per rinuncia. Nell’accordo potranno essere incluse contestazioni di carattere retributivo, dovute a straordinari non correttamente versati o a differenze di retribuzione non corrisposte.