La conciliazione sindacale è un accordo che permette di raggiungere la soluzione di una controversia tra lavoratore e datore di lavoro attraverso una transazione economica. Questo significa, in sintesi, che il lavoratore rinuncia a portare avanti una vertenza sindacale, e ad alcuni elementi di cui ha diritto, a fronte di un risarcimento.
Tuttavia, potrebbe accadere che il dipendente cambi idea, e decida di impugnare la conciliazione. Per evitare questo tipo di situazione, è opportuno prestare sempre un’estrema attenzione prima di decidere e di accettare sia la contrattazione che le relative rinunce. Legalmente, la conciliazione sindacale, che quasi sempre si evolve in un contratto di transazione economica, indica la presenza, tra le due parti, di una terza persona, il conciliatore, ovvero di un mediatore che si impegna per risolvere nel migliore dei modi la controversia. In genere, si tratta di un consulente incaricato dall’associazione sindacale di categoria alla quale appartiene il lavoratore.
Caratteristica della Conciliazione Sindacale
La definizione di conciliazione si riferisce a due significati diversi. Si tratta di una procedura che permette ai due soggetti coinvolti, il lavoratore e il datore di lavoro, di risolvere una controversia con l’assistenza di un mediatore e, al contempo, di un metodo per porre fine ad una lite già in essere, o per prevenirne ulteriori sviluppi, attraverso alcune reciproche rinunce e concessioni.
Non è da escludersi che la conciliazione possa realizzarsi unicamente per volontà delle due parti, senza la presenza di una terza persona, anche se l’intervento di un sindacalista è da considerarsi necessario.
La conciliazione sindacale non comporta costi, a parte quelli relativi all’iscrizione al sindacato.
Verbale di Conciliazione Sindacale
La conciliazione sindacale è regolata da un verbale dettagliato e preciso, redatto in una sede protetta, la Direzione Territoriale del Lavoro o la sede territoriale del sindacato di riferimento, che, per essere valido, deve rispondere obbligatoriamente ad alcuni specifici requisiti.
La transazione deve riguardare la rinuncia a quei diritti che per il lavoratore sono già disponibili mentre, al contrario, non può riferirsi a diritti futuri, in questo caso l’atto di conciliazione non è da considerarsi valido. La conciliazione può essere resa nulla anche nel caso in cui abbia come oggetto un elemento indeterminato, o indeterminabile, e, ovviamente, in presenza dei vizi del consenso, ovvero il consenso dato per errore, estorto con la violenza oppure ottenuto con il dolo.
La rinuncia espressa con una procedura di conciliazione sindacale è, in sintesi, una dichiarazione attraverso la quale il soggetto rinuncia, di fatto, ad un suo diritto certo e determinato, con completa consapevolezza di ciò a cui sta rinunciando.
Le dichiarazioni generiche o che riguardano la rinuncia ad ulteriori rivendicazioni future sono da considerarsi prive di valore, il lavoratore deve essere pienamente consapevole e informato con la massima precisione riguardo a quanto gli spetta e alle relative motivazioni, e la formula di rinuncia deve essere dettagliata e indicare con chiarezza tutte le voci.
Risulta essere importante ricordare che, tra gli elementi ai quali il lavoratore potrebbe essere invitato a rinunciare in cambio di un risarcimento economico, non possono assolutamente essere inclusi i contributi previdenziali, visto che, essendo erogati da un ente pubblico, non rientrano tra gli elementi discutibili in un accordo tra privati.
Ruolo del Mediatore Sindacale
La presenza di un consulente nella procedura di conciliazione sindacale è di estrema importanza, poiché il sindacalista deve svolgere un ruolo di effettiva e concreta assistenza nei confronti del lavoratore. Questo non significa solo intervenire nel caso di contrasti e incomprensioni, ma anche cercare di rendere il lavoratore consapevole dell’accordo che sta per stipulare e informarlo con la massima trasparenza e precisione riguardo ai vantaggi, alle conseguenze e alla loro irreversibilità.
Validità dell’Accordo di Conciliazione Sindacale
Per fare in modo che sia valido, un accordo di conciliazione sindacale non deve necessariamente essere depositato presso la cancelleria del Tribunale di riferimento o presso la Direzione Territoriale del Lavoro. Il documento importante è il verbale sottoscritto tra le due parti, il decreto di esecutività emesso dal giudice e il visto di autenticità posto dalla Direzione Territoriale del Lavoro sono successivi alla stesura di un verbale regolare e conforme alla normativa.
La transazione, e le relative rinunce, discusse e stabilite in presenza di un consulente sindacale, garantiscono la consapevolezza, da parte del lavoratore, dei diritti ai quali ha intenzione di rinunciare. Per questo motivo, quando l’accordo tra datore di lavoro e lavoratore viene raggiunto in sede di conciliazione sindacale, è da considerarsi valido e non rende possibile alcuna impugnazione né ripensamento.
La conciliazione avvenuta in sede sindacale può essere però impugnata nel caso di mancato rispetto di alcuni requisiti fondamentali, la mancata partecipazione attiva ed effettiva del rappresentante sindacale nel ruolo di assistente del lavoratore e il mancato rispetto delle procedure di conciliazione indicate nella contrattazione collettiva nazionale di riferimento.
Per quanto alcuni giudici considerino già la semplice presenza di un consulente sindacale utile ad evitare la soggezione del lavoratore nei confronti dell’azienda, è indispensabile che il sindacalista partecipi attivamente alla controversia, informando il lavoratore sugli sviluppi positivi e sulle conseguenze dell’accordo raggiunto.
Ovviamente, anche in sede sindacale, i vizi nel consenso del lavoratore implicano l’annullamento della conciliazione.