Il contratto a chiamata, denominato anche contratto, o semplicemente lavoro, a intermittenza o job on call, è un tipo di inquadramento che riguarda le prestazioni occasionali, e che può essere considerato una valida alternativa ai voucher Inps, recentemente aboliti. Introdotto in origine dalla Legge Biagi, è stato successivamente modificato dalla riforma Jobs Act, e consiste in sostanza di un rapporto di lavoro dal ritmo discontinuo, dove è il datore di lavoro a chiamare il dipendente nei periodi in cui necessita della sua opera. A differenza della collaborazioni occasionali e di altre forme di lavoro atipico, il contratto a chiamata è un contratto di lavoro subordinato a tutti gli effetti, regolato da modalità stabilite dal datore di lavoro in relazione a periodi particolari, picchi produttivi o stagioni in cui prevede un incremento dell’attività. L’intento di questo tipo di contratto è quello di inquadrare regolarmente i lavoratori impiegati periodicamente e stagionalmente, come avviene, ad esempio, nel settore del turismo o della moda.
Il contratto a chiamata è simile ad ogni altro contratto di lavoro dipendente, viene redatto in forma scritta e deve indicare obbligatoriamente la durata, la causale, il luogo e le modalità di svolgimento del lavoro, il trattamento economico, le modalità di chiamata, le ulteriori regole e norme relative alla sicurezza sul lavoro. La legge prevede inoltre che un lavoratore possa sottoscrivere anche più di un contratto a chiamata, sempre che non vi sia concorrenza tra i datori di lavoro e che i periodi di impegno siano compatibili. Le casistiche in cui è possibile ricorrere a questo tipo di contratto riguardano le attività periodiche o stagionali, e il coinvolgimento di lavoratori di età inferiore ai 24 anni e superiore ai 55, in questo caso, con l’abolizione dei voucher, potrebbe in futuro subire ulteriori modifiche. Il contratto a chiamata può essere a tempo determinato o indeterminato, e la sua durata massima, secondo quanto previsto dal Jobs Act, è di un massimo di 400 giorni in 3 anni, ad esclusione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, nel caso in cui questo limite fosse superato, il contratto a chiamata si trasformerà automaticamente in un contratto a tempo indeterminato full time.
La legge non permette di stipulare il contratto a chiamata in alcuni casi specifici, per sostituire lavoratori in sciopero, per sostituire lavoratori con la stessa qualifica licenziati, sospesi dal lavoro, sottoposti a riduzione oraria negli ultimi sei mesi o a periodi di cassa integrazione, nei casi in cui l’azienda non avesse seguito la normativa per la valutazione dei rischi e la sicurezza sul lavoro.
Dopo la firma del contratto, il datore di lavoro provvede a chiamare il lavoratore solo quando ha un’effettiva necessità, avvisandolo con un preavviso di un giorno e inviando la comunicazione obbligatoria dopo l’avvenuta accettazione. Il lavoratore non è obbligato ad accettare la chiamata, a meno che nel contratto non vi sia inclusa un’indennità di disponibilità, ovvero un compenso che il lavoratore percepisce anche nei periodi inattivi in cambio della continua reperibilità. Ogni chiamata al lavoro confermata, in base alle regole del Jobs Act, deve essere comunicata via mail, via SMS o tramite il portale governativo. Trattandosi di un contratto di lavoro dipendente, a differenza dei voucher, il lavoro a chiamata include l’indennità di maternità, le ferie e i permessi.
Chi svolge un lavoro a chiamata ha gli stessi obblighi e gli stessi riconoscimenti di un lavoratore assunto con un contratto tradizionale, dalla retribuzione oraria, alle ferie ai contributi. Per quanto riguarda il trattamento di fine rapporto, viene proporzionato alle ore di lavoro effettivamente svolto. Risulta essere possibile stipulare un contratto di lavoro a chiamata anche per chi percepisce un sussidio di disoccupazione, con l’obbligo di non percepire contemporaneamente l’indennità di disponibilità e di non superare la soglia degli 8000 euro annuali, chi volesse continuare ad usufruire della disoccupazione, deve comunicare all’Inps la ripresa del lavoro tramite contratto a chiamata, indicando un valore stimato del reddito annuo.
Le opinioni relative al contratto a chiamata sono contrastanti, le associazioni sindacali sostengono che le garanzie per i lavoratori vengano limitate, altri affermano che si tratti comunque di una soluzione vantaggiosa rispetto ai contratti stagionali e ai lavori periodici, in quanto offrono alcuni vantaggi, come quello di non rinunciare alla disoccupazione, e il diritto ad usufruire di ferie e permessi. Ovviamente, non può sostituirsi ad un lavoro tradizionale, e in alcuni casi, come può essere quello di chi lavora pochi giorni al mese, lo stato di disoccupazione in realtà permane, anche se risulta ufficialmente interrotto.